Su richiesta di Lucilla Andreolli, Consigliere (per l’Area Sud) della Fondazione Internazionale Città Murate, oltre che socia del Lions Club Roma Augustus, ho accettato di svolgere questa breve conversazione che – d’accordo con Lucilla – riguarda la parte delle mura urbane delle quali Roma si dotò in età piuttosto tarda, dopo un’incursione dei Saraceni che nell’846 aveva portato al saccheggio della basilica costantiniana di S. Pietro: un fatto che fu considerato esecrabile insulto alla Cristianità, oltre che all’autorità della Santa Sede. La scelta delle mura Vaticane è stata concordata per completare in qualche modo le riflessioni che avevo già proposto in un mio intervento già svolto per gli amici dell’Augustus su piattaforma zoom il 22 gennaio dello scorso anno 2023, dedicato invece alle mura più antiche della città. La scelta dell’argomento mi ha suggerito di non limitarmi ad una rassegna di storia dell’architettura, che sarebbe riuscita noiosa, ma di affidarmi al vivo ricordo – che per me è riemerso grazie ad un’antica lettura del mio secondo anno di Liceo (si era nel 1966) – di un grande protagonista della storia della cultura dell’epoca. L’episodio del “l’uomo rosso in dua pezzi“, estratto dalla Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta per lui medesimo, è il ricordo personale di Benvenuto Cellini, l’autore del Perseo con la testa di Medusa nella Loggia della Signoria, ma anche della preziosa saliera di Francesco I, che narra un episodio avvenuto nei primi giorni di maggio del 1527, nell’infuriare del
sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi.
L’incontro si è svolto il 12 Aprile, nella suite Claudia del Crown Plaza – Rome St. Peter’s (via Aurelia Antica 415), ed è stato introdotto dalla presentazione svolta dell’amica Lucilla, che ha informato sugli scopi della Fondazione Città Murate, e da indirizzi di saluto rivolti ai presenti da Antonella Mancaniello, presidente del Lions Club Roma Augustus, e da Roberto Steinhaus, presidente del Lions Club Roma Ara Pacis, che si sono uniti in questo service di carattere storico-culturale, che ha cercato di condurre un attento uditorio sugli spalti del Castel Sant’Angelo (già Mole Adrianea, destinata a raccogliere le ceneri del grande imperatore) trasformato in fortezza munitissima, quasi una escape room dei papi nei momenti più difficili vissuti dalla città, ed è inutile dire che il protagonista assoluto della scena fu proprio il nostro Benvenuto, con la sua nitida lingua fiorentina che dipinge efficacemente con tinte indelebili la sua prodezza nel puntare la pur modesta artiglieria di cui disponeva e nel tentare un tiro che solo la fortuna poté guidare verso il bersaglio del povero colonnello spagnolo vestito di rosso che, brandendo innanzi a sé una pur minacciosa lama, finì coll’esserne vittima e finì tagliato in due pezzi, con gran meraviglia del papa, che chiese spiegazioni all’autore del magistrale tiro.
Spiegazioni che il nostro Benvenuto non seppe dare, mostrandosi anch’egli stupefatto della spietata esattezza della traiettoria: il Cellini, in ogni caso, non poté che essere felice dell’elogio del papa, del “patente crocione” che quello gli tracciò addosso con ampio gesto delle mani, e della benedizione autorevolissima che lo assolveva da qualsiasi colpa passata, presente e futura commessa al servizio della Chiesa romana: un messaggio di verità storica – “scritta prima che pensata” come acutamente pensava il Baretti della Frusta lettereria, lo scopritore della Vita del Cellini e del suo valore letterario, che rinvia a ritratti autentici di uomini veri, o se si preferisce, a quei “veri uomini” che resero imperitura la memoria del nostro glorioso Rinascimento.
Mariano Malavolta
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